Informazioni generali sul Monte di Brianza



Il Monte di Brianza, detto anche Monte di San Genesio, è una montagna delle Prealpi Luganesi situata in Provincia di Lecco. È suddiviso in 3 colli: Monte Regina (817 m), Monte Crocione (889 m) e Monte di San Genesio (832 m).
Numerosi sono i comuni che si affacciano sulle sue pendici o sono situati sopra di esso: Galbiate, Oggiono, Brivio, Ello, Olginate, Valgreghentino, Colle Brianza, Castello di Brianza, Santa Maria Hoè, Dolzago, Airuno, Olgiate Molgora, Garlate. Nascono qui numerosi torrenti che da est a ovest si gettano nel Lambro (Torrente Bevera).
Dalle tre cime si può godere di una vista panoramica sulla Brianza, sui laghi di Oggiono e Pusiano, sulle Prealpi e la città di Lecco. A San Genesio è presente una piccola chiesetta, mentre poco più sotto nella frazione di Campsirago di Colle di Brianza sorge un santuario dedicato alla Vergine Maria (Madonna del Sasso) la quale apparve a una giovane donna nelle vicinanze.




UN TERRITORIO TRA PASSATO E FUTURO 



Il Monte di Brianza è un massiccio montuoso prealpino che si estende sul territorio lecchese coinvolgendo 13 comuni e congiungendosi al massiccio di Montevecchia e al Monte Barro. La sua natura rocciosa è stata nascosta dall'erosione degli antichi ghiacciai che gli hanno conferito un aspetto collinare, ma la sua punta più alta, il Monte Crocione, raggiunge i 889 metri sul livello del mare. I fianchi del Monte San Genesio sono in prevalenza boschivi: castagni, roveri, carpini, querce e robinie sono i più diffusi.
Un tempo questo massiccio colle era molto frequentato. I piccoli centri rurali, sparsi su ogni versante, erano abitati tutto l’anno e il monte, interamente trasformato in terrazze, era in larga parte coltivato. La parte boschiva era molto importante per la gente dell’epoca, grazie soprattutto alle castagne; era per loro una risorsa indispensabile perciò lo curavano e lo rispettavano come se fosse il proprio orto.
E’ evidente che lo spopolamento umano e il conseguente abbandono delle attività agricole tipiche della media collina e della montagna, verificatesi negli ultimi decenni, ha determinato l’impossibilità di mantenere una gestione corretta del territorio e del patrimonio boschivo.
Bisogna innanzitutto far presente che nei passati 30/40 anni l’acacia ha potuto espandersi a dismisura là dove prima esistevano i vigneti o coltivazioni di ortaggi impiantati sui terrazzamenti (ronchi). In seguito - complici anche gli incendi boschivi - l’acacia si è infiltrata in tutto il territorio boschivo sostituendo le essenze autoctone come i roveri, i carpini, i castagni, le uniche che possono garantire l’equilibrio del bosco. E’ infatti noto a tutti che l’acacia, a differenza delle altre piante, permette il passaggio di una maggiore quantità di luce con il risultato che il sottobosco è completamente ricoperto da rovi.




SENTIERI, PASSAGGI DAL PASSATO AL PRESENTE



Un altro aspetto fondamentale per determinare lo stato di salute di un territorio è costituito dalla sentieristica e dalla sua manutenzione per l’importanza fondamentale che il sentiero ricopriva nel collegamento tra i vari insediamenti abitativi Per i nostri vecchi, il sentiero era l’unico modo di scambiare opinioni e merci, l’unica possibilità per ritrovi e incontri. Come poi non rimanere stupefatti per le grandi capacità costruttive e perché no, artistiche, che traspaiono da questi manufatti? E’ proprio partendo da queste considerazioni che emerge l’importanza di conservare la testimonianza storica di queste opere, il ricordo delle attività umane che fino a pochi anni fa permeavano il nostro territorio montano. Anche oggi il sentiero riveste un’importanza centrale per il rilancio e per la valorizzazione del Monte di Brianza/ S. Genesio. In altre parole una buona sentieristica permetterebbe la riscoperta e la fruizione di un ambiente naturale molto bello e soprattutto facilmente raggiungibile da mezza Lombardia.
Il territorio del S.Genesio ha tutte le carte in regola per tornare a vivere offrendo le sue risorse naturali (flora, fauna, vecchi insediamenti), sfruttabili da un utilizzo intelligente e sostenibile.




QUALI INTERVENTI PER SOLUZIONI DI SALVAGUARDIA ?

IL PARCO SOVRACCOMUNALE


Deve essere sufficientemente chiaro che le attività economiche, quelle didattico-culturali o quelle sportive che già si sono sviluppate in questi anni devono avere un orientamento unico che riguardi tutto il S. Genesio. In altri termini non deve succedere che i Comuni agiscano singolarmente (magari in contraddizione tra di loro). Su questo punto bisogna necessariamente operare delle precise scelte di campo. Noi dobbiamo sostenere con forza l’idea della costituzione del Parco Sovraccomunale che - pur non avendo un’autonomia gestionale importante, come ad esempio ha il Parco del Curone - può diventare uno strumento di primaria importanza per la salvaguardia e lo sviluppo del S. Genesio.




Una vecchia conoscenza, la speculazione edilizia


Ma al di là del tipo di strumento che le Amministrazioni comunali si daranno, in campo edilizio le linee di intervento dovranno escludere ogni tipo di ristrutturazione che non sia finalizzata a seri progetti agricoli o agrituristici. Quindi un secco no alle seconde case sul S. Genesio poiché quello che è successo a Campsirago basta e avanza (vedi parcheggio, vedi la piazzetta sempre intasata di macchine, vedi le minidiscariche abusive di macerie, per non parlare del sistema fognario; dove va a finire?). Questa situazione è un chiaro esempio di speculazione edilizia tesa a sfruttare privatamente le bellissime posizioni ambientali, ignorando e destinando all’abbandono tutto il resto, dai boschi, ai prati, ai terrazzamenti che circondano questi insediamenti e che ne costituivano il fondamento economico.
 

Manutenzione sentieristica, gestione e responsabilità


Un altro punto fermo riguarda la manutenzione dei sentieri. Proprio per la funzione che essi ricoprono - che è quella di collegare luoghi diversi spesso in territori comunali differenti - la loro gestione deve essere dettata da una visione d’insieme. Sono gli assessori comunali competenti che devono coinvolgere i proprietari dei boschi e dei terreni interessati dall’attraversamento dei sentieri a collaborare nella loro manutenzione. Oppure tocca sempre al CAI sostituirsi a tutti e decidere cosa fare? Come ad esempio nel caso degli alberi cresciuti a dismisura sui bordi dei sentieri che, caduti a causa di un colpo di vento o di una nevicata fuori stagione, trascinano con sè pezzi di sentiero.
Il controllo del deflusso dell’acqua dai sentieri è un altro aspetto che - pur risconosciuto da tutti come fondamentale per l’esistenza stessa dei sentieri - in pratica fa mostra della totale latitanza delle Amministrazioni comunali.  
Certo è vero, dare le multe per sosta vietata è molto più facile che tutelare e difendere i sentieri del S. Genesio dall’assalto dei motocrossisti. Abitualmente, impunemente e tante volte in modo arrogante, essi scorrazzano in lungo e in largo per i sentieri distruggendo sistematicamente quello che il CAI e altre associazioni del luogo cercano di fare da tanti anni. Vietare il transito alle moto sul S. Genesio è un’azione che già da tempo i vigili urbani dei Comuni interessati dovrebbero far rispettare, trovando forme di collaborazione tra di loro e coinvolgendo la Guardia Forestale. I gravissimi danni arrecati ai sentieri dalle moto - che, assommati ai danni alla fauna, provocati dal gran rumore prodotto da questi veicoli - fanno pensare che l’argomento S. Genesio e i relativi discorsi sulla sua tutela, così come quelli sull’ambiente da salvare servano solo per sciorinare un po’ di belle parole nelle opportune occasioni.
Se, come ci auguriamo, si arriverà alla costituzione del Parco Sovraccomunale, la gestione si troverà ad affrontare, oltre alle questioni già poste, anche il problema della caccia.





Caccia, sport o massacro?


C’è chi oggi la considera uno sport. Molto brevemente, va detto che se è vero che fin dagli albori la caccia ha avuto un ruolo determinante per la sopravvivenza e l’integrazione alimentare della società umana, possiamo con altrettanta certezza dire che oggi, nella nostra società, queste motivazioni non hanno più ragione di esistere. Solo il retaggio culturale dei praticanti - alimentato con furbizia di chi fa i soldi costruendo fucili e cartucce - mantiene alto il numero di chi spara agli animali selvatici. Il risultato è che questa attività, sommata ai problemi derivati dall’inquinamento generale esistente ha provocato la quasi totale scomparsa della fauna nei nostri territori. Un territorio protetto deve favorire l’inserimento e il riequilibrio di tutte quelle specie che da sempre, insieme all’uomo, hanno popolato i nostri monti e colline. A tale scopo si possono incentivare attività di riproduzione e allevamento degli animali selvatici per la reintroduzione anche in altri territori e parchi. Molte esperienze di questo tipo indicano proprio negli ex cacciatori quelli che ottengono i migliori risultati.





 CONCLUSIONI



Per vincere questa battaglia è necessario che le Amministrazioni comunali del S. Genesio e della sua dorsale CREDANO nell’importanza che riveste un territorio bello e ricco di storia come il nostro e, partendo da questi presupposti, finalmente si diano quegli strumenti necessari al suo rilancio. Saranno solo scelte coraggiose, all’apparenza difficili, che si scontrano con una comoda prassi in cui tutto è condizionato dall’affarismo immediato e vorace, incurante del passato e tantomeno del futuro, che permetteranno di invertire la tendenza al degrado. Bisogna assolutamente abbandonare l’idea che il S. Genesio sia una merce che può essere barattata per soddisfare le esigenze di cassa di qualche Amministrazione comunale a totale vantaggio dello speculatore di turno. Altrimenti non serve lamentarsi quando i cambiamenti climatici in atto si fanno evidenti oppure quando dopo tre giorni che piove tutto frana e i torrenti straripano e l’andamento stagionale non è più quello che i meno giovani ricordano.